La grande avventura del Tecnicamp
Non ci sono parole per descrivere quello che abbiamo provato al ritorno dal Tecnicamp qualche giorno fa. Anzi, in realtà le parole sarebbero troppe perché l’esperienza che abbiamo vissuto non può essere ridotta a parole e semplicemente raccontata. Ma vogliamo provarci ugualmente, aiutandoci magari con qualche fotografia, perché sentiamo il forte bisogno di trasmettere l’entusiasmo scaturito in quei giorni a San Fedele Intelvi. Entusiasmo che ora ci concede di continuare il nostro percorso scout con rinnovata grinta e motivazione.
Prima di partire non avevamo un’idea molto chiara di cosa fosse questo Tecnicamp: sì, sapevamo che è un campo nazionale rivolto alla Branca E (esploratori ed esploratrici) il cui obbiettivo principale è il perfezionamento delle tecniche scout quali campismo, primo soccorso, cucina, manualità nel lavorare il legno e altri materiali, ma nessuno ci poteva dare testimonianza diretta, poiché da molti anni nessun esploratore di Senigallia vi aveva preso parte. Sembrava strano poichè fare un campo di pura tecnica scout è il sogno di ogni esploratore. Per giunta nazionale!
I primi giorni di maggio, insieme a Rachele, Maurizio e Davide, sono andato a Padova al 4Tek, un evento nazionale sponsorizzato come “Tecnicamp per adulti”. Mi sono iscritto al corso di Campismo avanzato: ho potuto mettere alla prova le mie capacità di sopravvivenza da una parte, dall’altra ho conosciuto tanti altri capi da tutta l’Italia. Sono tornato dal 4Tek col desiderio di far provare agli esploratori un’esperienza simile, che li potesse far rendere conto di quanto sia vasto l’orizzonte dello scautismo. Ho raccontato ai ragazzi del Reparto tutto quello che ho imparato al 4Tek e sono rimasti davvero impressionati. Quindi abbiamo deciso che era ora di provare a uscire un po’ dal nostro “guscio” perché di attività nazionali non se ne facevano da tanto tempo e serviva una ventata di novità nella nostra piccola realtà di Sezione. Una grande perplessità era la distanza: bisognava arrivare a Como. Noi eravamo abituati a muoverci nei confini della Regione o poco più. Una distanza del genere era davvero fuori dai nostri standard. Come avremmo raggiunto il Tecnicamp? Informandoci, abbiamo scoperto che gli altri esploratori che prendono parte al Tecnicamp si muovono autonomamente, in treno. I ragazzi interessati a partecipare erano in tanti e anche io, come Capo Reparto, volevo far parte di questa avventura, che non ho avuto modo di vivere quando ero esploratore. È nata quindi l’idea di viaggiare insieme con un pulmino. Abbiamo deciso di provarci e l’autofinanziamento svolto durante l’anno scout 2013/2014 ha agevolato la partecipazione dei ragazzi a questo campo.
Arrivati a giugno, sei esploratori hanno espresso la volontà di cogliere questa grande occasione. Ho presentato loro i corsi e con molta rapidità hanno trovato quello più adatto. Il Tecnicamp offre un’ampia e valida offerta formativa: si va dal campismo all’hike, dalla topografia al primo soccorso, dalla cucina all’artigianato. Ogni tecnica scout può trovare riscontro in uno specifico corso. Virginia, Edoardo e Carlo hanno pensato che, essendo arrivati al terzo anno del loro percorso da esploratori, era giunta l’ora di imparare come intervenire in situazioni di emergenza, dato che sono gli esploratori più grandi ad aiutare i Capi Reparto. Si sono quindi iscritti al corso ER: non solo primo soccorso, senza esitazioni. Chiara ed Aurora invece hanno una propensione per i disegni e i lavori artistici; quale corso migliore di Wood Attack per loro? Infine Davide, che ha compiuto il suo primo anno in Reparto, voleva a tutti i costi provare qualcosa che contraddistinguesse inequivocabilmente la Branca E e ha deciso di partecipare al corso Obiettivo avventura. Inutile dire che tutti quanti hanno scelto il corso a pennello e hanno soddisfatto in pieno le loro aspettative, ma questo ve lo racconteremo più avanti.
Luglio è trascorso in fretta, e il Campo Estivo è arrivato presto: il 26 luglio siamo partiti con una grande carica. Reparto piccolo (11 persone) ma incredibilmente affiatato e instancabile. Dato il periodo di tempo molto ristretto abbiamo infatti concentrato le attività in una settimana. Rachele e io (staff di Reparto) ci siamo sentiti molto orgogliosi e soddisfatti dei risultati perché i ragazzi hanno tirato fuori il meglio, anche più di quanto ne aspettavamo. Non mi soffermerò sul Campo Estivo perché già ne avevamo ampiamente raccontato la bella esperienza. Il Campo si è concluso nel migliore dei modi il 3 agosto e ci siamo salutati in attesa del Tecnicamp.
Subito dopo il Campo Estivo Fiorenzo, il capo campo del Tecnicamp, mi ha comunicato di avermi collocato nello staff del corso Obiettivo avventura. Una notizia davvero eccezionale per me perché in linea con quello che avevo imparato al 4Tek. Ho contattato quindi Matteo, il capo del corso: era entusiasta di avermi a bordo e mi ha spiegato che saremmo stati in hike per tre giorni! Ero talmente preso dall’idea che ho pure acquistato uno zaino nuovo per l’occasione dato che il mio non era adatto a certe “avventure”. È arrivato il fatidico giorno della partenza. Ore 8 in punto del 27 agosto. Mentre il pulmino lasciava la Sede i genitori ci salutavano, un po’ preoccupati, poiché dopotutto il viaggio era lungo e saremmo stati lontano da casa cinque giorni. Ma la voglia di avventura ha sempre la meglio sulle preoccupazioni (quelle non necessarie s’intende). Il viaggio è durato relativamente poco perché ognuno ha espresso le sue aspettative. E siamo giunti a destinazione. Qui le nostre strade si sono separate: vi racconterò la mia.
Il Tecnicamp dalla parte di chi educa
Il campo che ci ospita è davvero bello: una grande casa a tre piani sta al centro di un’ampia radura. Intorno ci sono diversi alberi che offrono ombra a volontà. Alcune piazzole che si trovano qua e là possono ospitare sottocampi di una decina di tende ognuno. Dietro la casa c’è un edificio con magazzino, bagni e una stanza abbastanza capiente con tavoli e panche. Ma la cosa che colpisce di più quando si arriva è il portale. Un portale alto quasi cinque metri, costruito con una perizia incredibile: ci si chiede come possa sorreggersi una struttura così articolata. All’arrivo mi accolgono i senior della Sezione di Como e di altre Sezioni limitrofe. C’è anche il Capo Scout, venuto ad inaugurare il Tecnicamp. Dopo poco tempo arrivano gli altri ragazzi e gli altri capi. Loro sono arrivati con il treno fino a Como e poi con l’autobus fino a San Fedele. Li vedo avvicinarsi, sono davvero in tanti. Mi ricordo di aver letto su una comunicazione organizzativa destinata a noi capi che il numero si aggira sui 150 più altri 40 tra capi e senior in servizio. Decisamente fuori dai numeri a cui siamo abituati. Ma i numeri non sono un problema poiché i servizi sono organizzati veramente bene. Mi destreggio tra la folla di ragazzi in cerca dei loro capi corso. Sono fortunato perché la prima persona a cui chiedo di Matteo è Luca, nonchè vice capo corso di Obiettivo avventura. Ci presentiamo e intanto arriva Matteo. Entrambi sono giovani, ma hanno diversi anni di esperienza come capi scout e lo dimostrano bene.
Raccogliamo quindi i ragazzi del corso in quadrato (27 esploratori ed esploratrici) e facciamo una breve presentazione. Lasciamo i ragazzi in modo che possano sistemare i loro zaini e andiamo a vestirci da indiani. Abbiamo scelto l’ambientazione degli indiani perché avevano imparato a vivere a contatto con la natura, utilizzando solo ciò che è essenziale. Nel frattempo due giovani siciliani (due capi scout), Enzo e Nino, si presentano e si offrono di dare una mano nel nostro corso dato che i servizi già avevano abbastanza risorse. Li prendiamo con noi anche perché già da subito si sono dimostrati in gamba e veramente utili. Vestiti da indiani, ci rechiamo dai ragazzi del corso e iniziamo una danza indiana; chiediamo quindi che entrino nella nostra tribù, a patto che realizzino il loro copricapo con le penne che gli abbiamo dato. L’attività prosegue con la spiegazione di come si realizza un rifugio di fortuna in un bosco. I ragazzi sono davvero coinvolti. Poi li dividiamo in quattro tribù, nonché pattuglie: una femminile e tre maschili e facciamo costruire loro i rifugi per la notte.
La mattina seguente l’attività consiste nella realizzazione di fornelletti ad alcol usando solamente lattine, li useremo poi per scaldare le colazioni successive. Subito dopo il pranzo partiamo per l’hike, tutti carichi per poter passare due notti all’addiaccio. Raggiungiamo la prima area di sosta nella tarda serata e ci accingiamo subito a costruire i rifugi e ad accendere i fuochi per cucinare. Sperimentiamo una tecnica particolare di accendere un fuoco: consiste nell’accenderlo dentro un tronco tagliato in quattro. Menù della cena? Zuppa di verdure con ortiche, fagioli con pancetta. Ho fatto un giro di assaggi da tutte le pattuglie e mi sono complimentato perché tutti hanno cucinato proprio bene. Il buio scende velocemente ed è ora di dormire; è da tempo che non dormivo così all’aperto senza tenda: l’umidità è forte e intensifica il freddo, ma il sonno prevale ed è bello addormentarsi sotto le stelle.
Il risveglio non è dei migliori dato il freddo, ma il sacco a pelo fa il suo dovere e mi ha tenuto ben caldo. Sono proprio curioso di vedere se i fornelletti che hanno fatto i ragazzi funzionano: una buona tazza di latte o thè caldo è quello che serve. In molti riescono a scaldarsi il latte senza problemi e immagino che per loro sia stata una grande soddisfazione. La mattinata prosegue con la “caccia”. Insegnamo ai ragazzi come costruire un arco: come scegliere il legno, come intagliarlo, come legare il cordino e infine come fare la freccia. A mio avviso la freccia è un’opera a sé: una volta preparato il bastoncino che sarà il corpo della freccia, si posizionano in fondo le piume e in cima la punta. Facciamo realizzare quest’ultima ai ragazzi usando dei chiodi che vanno prima scaldati a 700°C circa, poi martellati per appiattirli ed infine immersi in acqua fredda per temprarli. Qualche arco è veramente funzionale. Le prede della caccia sono dei polli che appendiamo ad un filo di metallo sospeso. Gli esploratori si mettono in riga e cercano di colpirli con le frecce. Nessuno però ha una mira tanto precisa da riuscire a colpire da distante. Alla fine i prodi indiani riescono a cacciare i polli che poi cucinano sulla brace. Subito dopo il pranzo si smonta tutto e si riparte alla volta della seconda area di sosta, che raggiungiamo poco prima di cena. Anche là si montano i rifugi e si accendono i fuochi. Ci raggiunge Fiorenzo prima di cena per portarci l’acqua. Coglie l’occasione per raccontare ai ragazzi la storia delle montagne che circondano la zona dove ci siamo accampati: lì passa la Linea Cadorna. A cena si mangiano salsicce, patate e piadine fatte al momento. Credetemi, è stata veramente soddisfacente! E il riposo della notte non è stato da meno.
L’ultimo giorno di hike inizia presto: si fa colazione e si smonta in fretta. Raggiungiamo il campo base all’ora di pranzo e i ragazzi cucinano (sempre sul fuoco) una squisita carbonara. Nel pomeriggio, in accordo con Matteo e Luca, guido la costruzione di una torretta di osservazione. Le legature non sono il massimo (dopotutto si viene al Tecnicamp anche per imparare), ma la struttura è solida e non barcolla. Arriva quindi la sera e partecipo al consueto fuoco di chiusura: i capi corso presentano i loro corsi fingendosi dei vecchietti che ricordano le loro avventure al Tecnicamp. È l’occasione per imparare nuove canzoni e nuovi ban molto divertenti. Dopo il fuoco c’è un evento molto particolare: i ragazzi vanno a letto e i capi si riuniscono per discutere i risultati del campo. Per me è un onore poter prenderne parte e poter dire cosa mi ha lasciato il Tecnicamp. In questi resoconti emergono analisi sugli esploratori di tutta l’Italia e si studiano suggerimenti per migliorare la situazione. Fiorenzo sottolinea l’importanza di una buona squadra di educatori (capi) che collabora e lavora in sintonia, perché in gioco c’è il futuro dei ragazzi e anche il nostro.
L’ultimo giorno di campo è, come sempre, frenetico. I tempi sono stretti perché quasi tutti gli esploratori tornano a casa con il treno, il quale ha orari ben precisi. La cerimonia di chiusura è emozionante e si canta il “Canto dell’addio”, che non sentivo più da tanto tempo, almeno da quando ero esploratore io stesso. Dopo il quadrato conclusivo arriva il triste momento dei saluti: non è facile separarsi dopo tante avventure insieme. Cinque giorni non sono tanti, ma sono abbastanza per formare profonde amicizie. Firmo i foulard di tutti i ragazzi di Obiettivo avventura che me lo chiedono, certo che per loro sarà un bel ricordo come lo è per me. Durante i saluti ai vari capi incontro coloro che hanno tenuto il corso agli esploratori di Senigallia e tutti si complimentano dello stile e dell’educazione che li contraddistinguono: sono questi i motivi per cui noi capi (e penso anche i genitori e gli educatori in generale) offriamo il nostro tempo e le nostre energie.
Sono orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto e dimostrato, ma questo non è il traguardo. Prendiamoci un po’ di tempo per rifettere su questa esperienza e guardare al futuro, tuttavia siamo pronti a ripartire con ancora più grinta e determinazione. Alle porte abbiamo il 30° anniversario della nostra Sezione e non possiamo perdere l’occasione di celebrare questa tappa molto importante. In questi anni molte persone hanno dedicato allo scautismo le loro forze, ma c’è bisogno, ora più che mai, di un decisivo passo, che dobbiamo compiere tutti insieme, in sintonia. Solamente con la collaborazione e il senso di responsabilità di tutti possiamo costruire un mondo migliore.
Un sentito ringraziamento a Fiorenzo, Matteo, Luca, Nino, Enzo e a tutti coloro che si sono adoperati per la buona riuscita di questo grande evento; grazie ad Aurora, Carlo, Chiara, Davide, Edoardo e Virginia, che hanno voluto intraprendere una bella avventura.